MATTIA COLETTI live

Covo Art e Here I Stay presentano:

MATTIA COLETTI
live at Covo
domenica 10 novembre, ore 21:15

ingresso riservato ai soci
contributo straordinario musica live: 2€

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Un passato noise-rock; un presente da chitarrista in solo; in mezzo, una mai disattesa attenzione per il suono. Così, con un sunto veramente limitativo si potrebbe introdurre Mattia Coletti, uno
dei più interessanti chitarristi italiani, oltre che produttore e fonico di primissimo ordine.
Per la dimensione in solo, esposta in cinque album, si concentra sulla sua chitarra elettricoacustica tarata in modalità ritual bluesy/avant-folk e su pochissimo altro. Un pochissimo altro
che spesso assume le forme di pulviscolo sonoro, disturbi elettrostatici, sporcizia digitale, andando ad impreziosire quella ricerca sulla sottile linea rossa che divide la sperimentazione
dalla tradizione, la dissonanza dalla melodia, e che, col passare dei dischi, si va sempre più focalizzando sul suono e sui dettagli, spostando l’impianto originario verso lande “altre”.
“Haiku sonori” abbiamo spesso definito quei bozzetti in cui il procedere chitarristico è sviluppato lungo l’asse della reiterazione e della ciclicità senza mai farsi accumulo fine a se
stesso, ma prediligendo una essenzialità pura e sostanziosa. E sempre ad una sorta di legame col
poetico minimalismo della succitata forma letteraria giapponese – Paese con cui Coletti ha instaurato un rapporto più che profondo – rimandano le atmosfere evocate dai suoi intarsi chitarristici: rigore, eleganza, osservanza. Quasi che vi fosse una sorta di laica spiritualità di fondo pronta ad emergere sotto le forme malinconicamente evocative delle struggenti pastorali
acustiche del Nostro.
Nell’ultimo lavoro Moon, Coletti però compie uno scarto in avanti non indifferente, grazie all’introduzione dell’elettronica sotto forma di beat, pad ritmici o drones che vanno a spostare
l’asse elegiaco delle musiche del Nostro verso qualcosa di più corposo e robusto. Non perdendo mai di vista quanto detto sopra – reiterazione di cifre chitarristiche che si avviluppano l’una
sull’altra, malinconia immaginifica di fondo, predilezione per la pastorale visionaria, alternanza di corde acustiche e elettriche – ma donando al tutto quel pizzico di alterità che ci fa presupporre nuovi sviluppi futuri.
Ventinove minuti dettati da una semplicità a volte disarmante capace di creare ambientazioni diverse attraverso una profonda ricerca nel suono. Moon è la luna, a volte distante 384 mila chilometri, a volte così vicino da non accorgerti che ti è già entrato dentro. È un disco che si fa desiderare”
Polveroso e uggioso, un affresco perduto nel passato, in un panorama solitario.
Un battito nuovo per una musica mai scontata, ascoltandolo si ha il piacere di non sapere cosa succeda dopo. il suo è un suono dalle radici forti, che proviene certamente dall’America rurale,
ma si va ben oltre questo.
Moon non è un disco facile da descrivere, in quanto ogni ascoltatore si farà la sua idea; addirittura in certi momenti, per le atmosfere, sembra un disco trip hop.
Da sentire per meravigliarsi ancora